Gli haters fanno bene al business. Ecco perché.
Haters sembra una delle voci del neo linguaggio nato coi social network, ma non è così, ovviamente.
Ci confrontiamo da sempre con persone dispiaciute, deluse o in preda all’ ira funesta verso di noi sul lavoro e nella vita.
Persone che non perdono mai l’occasione di lamentarsi, e non vedono l’ora di farci sapere dove abbiamo sbagliato, dove siamo stati troppo questo o troppo poco quello, dove non abbiamo fatto abbastanza, come li abbiamo offesi, danneggiati o feriti con parole e azioni.
Adesso li chiamiamo “haters” (hate = odio in inglese) e negli ultimi anni di questa nuova Era della suscettibilità, cancel culture e crisi sui social media hanno ricevuto un potere e un peso enorme sulle sorti di una azienda, ma non sono una novità.
Quello che è successo davvero invece è che, possono avere modalità di attacco differenti, possono venire di persona in uno dei tuoi punti vendita a lamentarsi mettendoti in imbarazzo con gli altri clienti o commentare in modo orrendo sulla tua pagina Facebook aziendale, ma ultimamente sono ogni giorno più numerosi e rumorosi…
Ma questa è un’ottima notizia per ogni imprenditore.
HATERS: SE LI CONOSCI NON LI EVITI
Solitamente viene suggerito di rispondere agli attacchi degli haters allontanandoli, bannandoli o ignorandoli finché non si stancano e la smettono di dire o scrivere offese e fare polemica.
Questo è uno sbaglio molto stupido.
L’ aumento degli haters è un grande dono per la tua azienda, come per ogni altra imprese di ogni tipo e dimensione.
Un chiarimento: In questo post col termine hater mi riferisco a tutte le persone che aggrediscono in vario modo aziende e brand per qualche torto o disservizio che ritengono di aver subito. Chi, approfittando dell’anonimato conferito dall’uso di internet, insulta violentemente dei soggetti, solitamente famosi, o intere fasce di popolazione per motivi sociali, etnici o culturali va trattato con denunce per diffamazione, minacce, molestie o stalking.
Molti haters, molto onore per le aziende, dicevamo: L’ho visto coi miei occhi migliaia di volte, notando come insieme a brand grandi e piccoli, miei clienti, riusciamo a gestire le lamentele e a volte gli insulti di questi odiatori compulsivi segnando molti punti in termini di reputazione aziendale (…che, inutile dirlo, poi diventa fatturato e clienti fedeli come samurai)
Seguimi: le aziende oggi sono più competitive che mai, si contendono clienti in ogni occasione e con ogni mezzo, ma differenziarsi l’una con l’altra in modo efficace è sempre più complicato, costoso e dal risultato incerto.
Una cosa che però non verrà mai sottolineata abbastanza è che l’esperienza che fai vivere ai clienti e il modo che hai di comunicare con loro sono ottime e spesso gratuite opportunità per staccarti in modo netto della massa dei concorrenti.
Continua a leggere e cercherò di spiegarti per bene chi sono gli haters, quale è il DNA che li compone e come gestirli.
Questo ti eviterà di commettere sbagli molto pericolosi nella loro gestione, decidendo di abbracciandoli invece di combatterli e alla fine trasformare un gran numero di nervosissimi haters nel tuo personale esercito combattente pronto a difenderti ed evangelizzare chiunque col nome del tuo brand.
Ora, potresti pensare che tutto questo a te non sia necessario, tu sbagli non ne commetti semplicemente perché tu di haters non ne hai nemmeno uno… e sei già adorato e rispettato come una rockstar dai tuoi clienti.
Certo, capisco…
…dopo tutto, secondo uno studio, l’80% delle aziende ritiene di fornire già un servizio “superiore” ai clienti… peccato solo che lo stesso studio mostri che solo l’8% dei clienti concorda sul fatto che il servizio sia anche solo appena sufficiente.
Come ti renderai conto continuando a leggere, il servizio perfetto di ieri è un servizio molto mediocre oggi.
La stessa risposta che anni fa sarebbe stata considerata una risposta soddisfacente ai reclami di clienti rompiscatole e haters vari oggi è considerata una grande inefficienza nella customer experience che può essere sfruttata subito dai tuoi concorrenti più preparati per portarti via clienti a costo zero. Solo con una eMail o una telefonata di tre minuti…
TUTTO QUELLO CHE SAI SUGLI HATERS E’ SBAGLIATO.



Se hai a che fare coi clienti ogni giorno da molti anni, probabilmente fino a poco tempo fa avresti avuto ragione a pensare di sapere già tutto quello che che c’è da sapere su come si risponde alle lamentele sulla tua attività, e a essere abbastanza allenato da capire al volo quali sono le persone da ascoltare e quelli da ignorare, che tanto hanno solo voglia di far polemica e tu non hai tempo da perdere…
Il servizio clienti è cambiato poco tra l’invenzione del numero verde negli anni 70 e l’adozione della posta elettronica come sistema preferito di contatto, alla fine degli anni 90.
Ma poi è successo qualcosa che ha fatto cambiare tutto quanto con la forza di un uragano…
La nascita degli smartphone e dei social network, i cambiamenti sociologici e comportamentali e le nuove, maggiori aspettative dei clienti hanno cambiato radicalmente il significato di “servizio al cliente” e quindi anche le strategie e il linguaggio per farlo.
“Oh, quante sciocchezze”, penserai ancora. La tua azienda sta andando bene. E’ sempre andata bene, e hai sempre usato lo stesso approccio coi clienti che creavano troppi problemi. Li hai ignorati e hasta la vista, baby!
Perché cambiare?
“Se non è rotto, non aggiustarlo” si dice.
Il fatto invece è che è proprio rotto.
È sempre stato rotto, hai solo scelto di fregartene.
Chiedi in giro. La maggior parte delle persone è insoddisfatta di come vengono gestite le lamentele dal servizio clienti (quando c’è) delle aziende.
L’unica cosa che gli fa accettare questo stato di cose è che pure le altre aziende o attività commerciali non rispondono in maniera migliore, anzi c’è pure chi risponde peggio (infatti la maggior parte delle crisi è scatenata proprio dalla risposta che viene data dalle aziende ai problemi più o meno gravi lamentati da clienti e non clienti) .
Perché tutti parlano così bene del servizio clienti di Amazon? Perché sui social circolano storie e leggende sul servizio clienti di aziende mitiche come Zappos, che, ad esempio, sono state disposte a cambiare un articolo a un cliente… che non lo aveva neanche acquistato da loro?
Perché sono diverse. E perché sono rare.
Hanno preso un impegno, si sono organizzate per fornire esperienze magnifiche a chi si rivolge a loro, anche insultandoli, e riescono a differenziarsi dalla concorrenza soltanto mettendo in leva questo impegno.
Queste aziende vendono prodotti migliori o meno costosi della concorrenza?
No.
Ma ognuna di queste aziende usa il servizio clienti e la comunicazione di crisi, quando capitano incidenti, problemi o scandali, come un faro per distinguersi e risaltare come incendi nella notte rispetto a venditori di beni e servizi simili.
Secondo il Customers Report 2020 della società di analisi americana Walker Information redatto in collaborazione con Customer Think e il Chief Customer Officer Council, appare chiaro che l’esperienza avuta col servizio clienti è considerata molto più importante del prezzo dalla maggioranza delle persone.
From: www.providesupport.com
GLI HATERS NON SONO UN TUO PROBLEMA. IGNORARLI SI.
La tendenza naturale di quasi tutti è quella di allontanarsi dagli haters, respingere i loro attacchi di rabbia come stupidaggini che non sono rappresentative della realtà.
Di fronte alla negatività delle persone, il nostro istinto è quello di “non ti curar di loro, ma guarda e passa”, per citare un mio divino concittadino o di “non dar da mangiare ai troll, che è la versione moderna e pop dello stesso consiglio…
(…che però è sbagliata. Haters e Troll spesso vengono usati come sinonimi, ma non è corretto. Un hater è una persona arrabbiata per qualcosa che hai detto o che hai fatto che ti aggredisce, mentre Troll è come vengono chiamate sui social quelle persone che scrivono solo con l’intento di scatenare polemiche).
La scelta di ignorare chi si lamenta è l’approccio più sbagliato in assoluto.
In un’epoca in cui gran parte del servizio clienti è diventato uno sport con spettatori affamati di vederti sbagliare per poi correre a raccontarlo sui social o tra le recensioni della tua pagina Google Business, la scelta di rimanere in silenzio è un autogol.
Non rispondere è già una risposta. Una risposta che dice ‘Non mi importa di te‘.
Puoi scegliere di farlo nella tua vita privata, ma non è mai una buona idea decidere di non considerare qualcuno che ha qualcosa contro di te quando si tratta di business, eppure moltissime aziende è proprio così che scelgono di muoversi.
Ecco un esempio preso da una recensione che un simpatico signore ha lasciato a un ristorante sulla app che utilizzo io per la consegna dei pasti, una recensione che certo non ti fa venire voglia di rispondere :
“Non capisco come si possono scambiare dei soldi con la schifezza che consegnano questi cinesi che adesso si sono pure messi a fare la pizza. Immangiabile e fredda. Secondo me non hanno usato nemmeno il pomodoro ma qualche organo interno di un povero gatto. Mi sono vergognato anche a gettarla nel bidone della spazzatura, non vorrei mai che i miei vicini pensassero che io ordino certe porcherie andate a male”
(Inspiegabilmente, su una scala di cinque stelle, questa è una recensione a DUE STELLE! Vorrei tanto sapere cosa scrive questa persona quando ha un’esperienza da una stella…)
In questo caso, il ristorante in questione non ha risposto al reclamo, e forse avresti fatto la stessa cosa pure tu. Dopotutto se hai un sacco di clienti soddisfatti, chi te lo fa fare di rispondere a qualcuno che attacca il tuo lavoro in maniera così becera, dico bene?
…io dico che avrebbe dovuto prendersi la briga di rispondere invece, e così dovresti fare anche tu in uno scenario simile.
Rispondere a una recensione, soprattutto se negativa come questa, aumenta la percezione sulla tutela dei clienti e mostra a tutti che in realtà ti preoccupi dei tuoi clienti e sei disposto a metterci la faccia senza paura per rispondere.
ABBRACCIA CHI TI ODIA



La gente non sempre ti insulta solo per lamentarsi o fare polemica inutile, spesso è davvero preoccupata, e devi riconoscerla come un’opportunità, non come un fastidio.
A volte si sente messa in pericolo, insicura o ingannata da ciò che gli vendi, altre volte ritiene che i messaggi con i quali stai comunicando col mondo lo rendano un posto peggiore nel quale vivere.
Quando ricevi una recensione negativa o qualcuno scrive brutte cose sui servizi o i prodotti che offre la tua azienda non devi pensare “Aiuto, Abbiamo un problema“, ma “Molto bene. Abbiamo l’opportunità di migliorare l’esperienza dei nostri clienti“. Una cosa saggia e corretta.
Non devi avere paura dei reclami e degli insulti. Non solo un reclamo è un’opportunità per mostrare l’eccellenza del tuo servizio clienti, ma è anche un’opportunità per capire la causa alla radice di ciò che causa arrabbiature, proteste e perdita di fiducia nel tuo prodotto o servizio. È davvero la voce del cliente.
Eliminare il senso di fastidio dato dai reclami cambia davvero il modo in cui rispondi. Come ho scritto sopra, rispondere in maniera coraggiosa, aperta e corretta a un reclamo è una delle più grandi opportunità che hai per far aumentare la riserva di benevolenza nel tuo brand, difendere i tuoi clienti dalla concorrenza e far crescere il tuo business qualunque cosa succeda.
Lo dico come un dato di fatto, basato sull’osservazione di quello che è successo durante il lockdown del 2020.
Quelle aziende e attività commerciali che hanno mantenuto il sangue freddo e non si sono fatti innervosire dalle lagnanze per i disservizi che le persone non accettavano di subire, nonostante il momento difficile hanno visto crescere la loro quota di mercato.
Scopri quali sono le motivazioni reali di chi ti aggredisce, impara ad “abbracciare” i tuoi peggiori detrattori, accogli le loro lamentele e fanne tesoro per far salire alle stelle il loro indice di entusiasmo, gradimento e fedeltà nei tuoi confronti.
Ora impariamo a riconoscere i vari tipi di “hater”, a scoprire cosa vogliono davvero da te e come poterli aiutare al meglio.
IL DNA DEGLI HATERS



Gli haters non sono tutti uguali.
I loro sfoghi di rabbia sono di diversi tipi, arrivano da vari canali e con differenti intensità.
Negli anni ho notato che di base esistono due tipi principali di haters.
Questi due gruppi di hater si differenziano per la frequenza dei contatti, per l’uso e l’abitudine alla tecnologia, e per come e dove scelgono di fronteggiarti con lamentele e insulti.
Comprendere i due tipi di haters, e le differenze che ci sono, ti permette di individuarli al volo, e di disinnescare la loro furia e frustrazione dando a ognuno il supporto e il sostegno corretto.
Conoscere i diversi tipi di detrattori ti offre anche la possibilità di sfruttare con maggior efficacia tutti i vantaggi che ti ho elencato prima, senza sbagliare.
Gestire male qualcuno davvero molto arrabbiato con te e la tua azienda molto spesso è quasi peggio che non gestirlo affatto.
Parliamo della prima tipologia:
Gli Haters da Privè
Il primo gruppo è quello degli Haters da Privè.
Il motivo per cui ho chiamato questo segmento di Hater da Privè è che quasi sempre esternano le loro critiche per prima cosa in forma privata, one-to-one, spesso per telefono o per e-mail.
Gli haters da Privè sono normalmente un po’ più anziani, meno esperti di cellulari e di social media, e di solito si lamentano meno e in modo un po’ meno aggressivo.
Le lamentele degli Haters da Privè poi sono spesso meno assurde e bizzarre di molti degli attacchi sui social media e sui siti web.
Questo vale in particolare per i reclami via e-mail.
Una eMail è per sempre
Se si invia un’e-mail, ci si concede un certo tempo di pausa. Scegliendo di lamentarsi via e-mail si impone a se stessi l’obbligo di pensare e formulare un messaggio.
In pratica ci diciamo: “Sono abbastanza calmo da mettere insieme una bella argomentazione ragionata nella speranza di ricevere una risposta ragionata”.
La natura “salvabile e archiviabile” della posta elettronica contribuisce spesso anche alla sua generale mancanza di astio, offese personali e parole troppo pesanti.
Anche se i post sui social media sono pubblici e di solito appariamo col nostro nome e cognome reali (e esistono gli screenshot), la gente sa bene che la posta elettronica si può salvare ed è documentabile.
Una volta inviata una eMail non ci si può pentire del messaggio scritto, non si può cancellare, e può fungere da prova in un eventuale querela.
Quindi c’è di sicuro un pò di attenzione e cura in più per l’invio di una e-mail rispetto ad altri canali.
(Certo che anche con offese inviate via social si rischia una sanzione o una condanna, ma per chi scrive la percezione del rischio è più bassa)
Schiuma il telefono



I reclami telefonici, poi, hanno caratteristiche e fattori unici.
Poiché avvengono per davvero in tempo reale tra chi chiama e chi risponde in un modo che nessun altro tipo di reclamo permette (anche i migliori team di assistenza clienti attraverso chat ci mettono qualche minuto a rispondere), è molto difficile resistere alla possibilità di scatenare tutta l’ira possibile sull’oggetto della protesta
Personalmente non sono uno che si lamenta spesso, e di solito cado nella pericolosa categoria media dei “Boh…vabbè, insomma…” dei consumatori disaffezionati.
Rimango fregato una volta, me lo ricordo e la volta dopo faccio una scelta diversa.
Ma ogni volta in cui mi sono preso la briga di protestare per qualcosa, mi sono arrabbiato sul serio solo quando ero al telefono. Scommetto che lo stesso vale per te.
Già sei costretto (o ti senti costretto) a perdere tempo a chiamare per lamentarti. Poi forse ti lasciano un pò in attesa ad ascoltare una musichetta odiosa di Ed Sheeran…
Poi, la persona incaricata di assisterti non capisce la situazione, ti dice che non può accedere facilmente alle informazioni necessarie per risolvere il problema, manca di empatia o non si assume alcuna responsabilità per le mancanze della attività per la quale lavora o del suo principale.
Questo non fa altro che gettare benzina sul fuoco e aumentare la tensione fino a quando perdi la pazienza e inizi a urlare come un invasato in preda all’ira funesta.
Va anche detto che la nostra tolleranza per i tempi di attesa sta diminuendo ogni giorno di più in questo mondo di gratificazione istantanea.
Secondo una ricerca il 50% delle persone che chiamano un’azienda è disposto ad aspettare in attesa per cinque minuti o meno, e solo il 25% delle persone aspetterà per più di dieci minuti prima di attaccare (e far salire il suo livello di frustrazione a livelli stellari. Ecco come nasce un hater).
In ogni caso, anche senza il tempo di attesa, la soddisfazione che accompagna il fatto di togliersi il peso di una lamentela strillandola al telefono è notevole anche quando si lascia solo un messaggio in segreteria.
C’è qualcosa nel vocalizzare le nostre lamentele che fa emergere la vera natura selvaggia in ognuno di noi.
Dovrai tenerne conto.
Gestire una lamentela telefonica richiede strategia, sangue freddo e empatia, perché così come è immediata la protesta è immediata e non meditata la risposta.
Proprio da una gestione sbagliata di questo tipo, preda della stanchezza, dell’impreparazione e della rabbia nascono molti problemi, che se proprio non diventano crisi di certo alla lunga erodono la reputazione aziendale con brutti effetti sul fatturato.
Quanti di noi hanno cambiato gestore telefonico proprio a causa dell’ennesima volta in cui abbiamo telefonato al numero verde e nessuno ci ha dato soddisfazione dandoci almeno l’impressione di prendere a cuore il nostro disagio?
Una delle più normali strategie di comunicazione di crisi infatti prevede di creare dei protocolli già pronti con varie tracce di risposte scritte per il maggior numero di possibili problemi che potrebbero essere affrontati al telefono.
Questo è importante per fare in modo che tutti in azienda siano in grado di rispondere in modo efficace con una sola voce.
“Io protesto e lo voglio dire a tutti”: Gli haters da palcoscenico.



…poi c’è chi rende la sua protesta un affare pubblico da condividere, diffondere e far arrivare a più persone possibili invece di risolverla privatamente con te da persona a persona.
Abbiamo appena esaminato i cosiddetti “Haters da privè”, ovvero le persone che quando hanno qualcosa di cui lagnarsi preferiscono scriverti una email, prendere il telefono o venire direttamente da te al punto vendita e affrontarti in forma relativamente “privata”.
Ora, invece, vorrei parlarti del secondo gruppo di “contestatori”, un gruppo senza dubbio meno riservato e più esuberante del primo, quelli che ho definito “Haters da palcoscenico”
Li ho chiamati “Haters da Palcoscenico” perché quasi sempre si lamentano per prima cosa in un luogo pubblico, social media, siti di recensioni, forum o blog.
Rispetto agli haters da privè, questo gruppo di solito è un po’ più giovane, più abituato a padroneggiare la tecnologia e con una maggiore conoscenza dei social media.
C’è da dire che gli haters da palcoscenico tendono a lamentarsi molto più spesso, in parte anche perché possono farlo dai loro smartphone in pochi secondi, ovunque si trovino e senza stare troppo a pensare alla forma.
Oggi generalmente le persone che si lamentano in modo privato usando il telefono o la email sono ancora in maggioranza, circa il 62%, ma questo sta cambiando in fretta a causa della maggior facilità d’uso e della maggiore soddisfazione che sembra ottenere chi attacca un‘ azienda in pubblico.
Dal punto di vista operativo, è molto più veloce per i clienti scrivere messaggi furiosi sul loro profilo su un social media, sulla tua pagina aziendale o attraverso applicazioni mobili come Yelp, TripAdvisor, o GoogleMyBusiness.
Esistono persino applicazioni dedicate solo ai reclami…
Questi canali di reclamo sono istantanei, micidiali, rapidissimi e soprattutto se hai una attività commerciale, permettono al cliente di manifestare la sua insoddisfazione ancora prima di essere fuori dal negozio. Hai mai scritto una cattiva recensione di un ristorante mentre eri ancora seduto ad aspettare il conto?
Io sì…
La rivoluzione della pubblica piazza



Prendersi il tempo necessario per sedersi e scrivere un’e-mail richiede tempo, calma, e una cura maggiore delle parole da utilizzare. Soprattutto, anche se la email è istantanea come una protesta su Facebook, psicologicamente rimanda nel tempo la gratificazione di sapere che le tue parole rabbiose sono arrivate a destinazione.
Il telefono poi è considerato ancora più una seccatura e una perdita di tempo.
Il cliente deve cercare il numero, stabilire quale è quello corretto se sul sito web della tua azienda ne sono indicati più di uno, e predisporsi mentalmente a sostenere una conversazione che potrebbe anche trasformarsi in litigio o che potrebbe scontrarsi contro una barriera di “Mi dispiace, non so come aiutarla. Il titolare adesso è occupato. Può richiamare nel pomeriggio?”
Col tempo la stragrande maggioranza dei clienti utilizzerà il telefono solo come ultimissima risorsa, e probabilmente soltanto per ottenere assistenza più che per esporre una lamentela, a favore delle comunicazioni digitali.
Questo avviene perché, oltre al fatto che la tecnologia degli smartphone è sempre più avanzata e permette di scrivere velocemente testi lunghi corredati di foto e video, le aziende sanno diventando sempre più brave e veloci nel fornire risposte e assistenza sui social media, abituando così i loro clienti a preferire questo canale di comunicazione e diventare haters da palcoscenico.
Questo spostamento dei reclami sulla pubblica piazza rispetto ai reclami privati sta rivoluzionando la natura stessa del servizio clienti, e ha enormi implicazioni per il personale, la tecnologia, i tempi di risposta, le aspettative dei clienti e i livelli di soddisfazione.
L’ascesa dell’odiatore da palcoscenico cambia tutto.
Era bello quando i clienti venivano da te a lamentarsi relativamente in privato telefonandoti o raggiungendoti davanti al banco del punto vendita dandoti modo di risolvere la cosa discretamente, ma questo non è più il mondo in cui viviamo adesso.
“Sono i Social, bellezza… non puoi farci nulla”
Oggi dobbiamo essere pronti a rispondere non solo alla critica, protesta o lamentela del singolo cliente interessato ma anche alla valanga di altri commenti, sfottò e vere e proprie ingiurie che quel singolo commento genera sul feed del social.
L’hater da palcoscenico, quindi, vuole essere aiutato a risolvere un problema e ha suggerimenti da darti per migliorare qualche aspetto del tuo lavoro oppure intende solo “fartela pagare” per un torto che ritiene di aver subito?
Spesso sembra voglia solo ribadire che adesso è lui ad avere il potere, che non puoi fare spallucce alla sua protesta e affrontarlo dicendo “se non ti va bene il mio servizio/prodotto vai pure da un’altra parte” perché voi due non siete lì da soli e c’è tutta una platea di spettatori con il sacchetto di Pringles e la tazza di caffè accanto al monitor ad assistere alla vostra diatriba.
In un mondo dove i social non esistono, lui non verrebbe a parlarti faccia a faccia esternandoti il suo malcontento: lui vorrebbe venire fuori dalla tua azienda con un megafono in mano urlando a più non posso per fare in modo che tutti possano sentirlo e che tu non potessi fare a meno che uscire fuori, andare da lui a far qualcosa per farlo smettere.
E non è un caso che io abbia scritto – fuori – dalla tua azienda e non all’interno.
Sarebbe lì dove qualunque passante, sconosciuto o semplice attaccabrighe che nemmeno ha mai avuto a che fare coi tuoi prodotti o servizi e sa chi sei, potesse unirsi a lui ad attaccarti…
L’hater da palcoscenico, quindi, vuole una risposta o vuole un pubblico?
E’ quello che andremo subito a indagare mettendo insieme tutti i dati delle due diverse categorie di hater, confrontandoli e iniziando a trarre delle conclusioni per stabilire come riuscire ad abbracciarli e gestirli al meglio sfruttando le opportunità che ci offrono invece di cercare soltanto di parare i colpi per evitare gli schizzi di fango che la maggior parte di loro sarebbe felice di vederti esibire per sempre sulla tua reputazione aziendale.
IL FUTURO E’ DEGLI HATERS



Confronto tra gli hater da prive e hater da palcoscenico.
Abbiamo appena visto come sia possibile dividere il “popolo” degli haters in due grandi categorie:
- Gli haters da privè, coloro che quando hanno una lamentela da fare preferiscono farlo in forma privata personalmente o utilizzando telefono o eMail
• e gli haters da palcoscenico, che invece espongono pubblicamente il loro malcontento attraverso social media o lasciando pessime recensioni sulle pagine aziendali.
Anatomia di un hater
Provando velocemente a indagare tra i dati messi a disposizione da una società di sondaggi vediamo che nonci sono differenze significative nel livello di istruzione o nel reddito annuo tra i diversi tipi di haters.
Non ci sono inoltre differenze di genere degne di nota tra chi preferisce utilizzare i social piuttosto che il telefono se ritiene che qualcosa sia andato storto.
Tuttavia, gli uomini si lamentano più spesso attraverso tutti i canali combinati. Un uomo in media è capace di lamentarsi fino a sette/otto volte in un anno con la stessa azienda e utilizzando canali diversi rispetto alla media di tre volte di una donna.
Chiaramente più l’età degli haters si abbassa più l’hater è propenso a lamentarsi attraverso i social media, forum e siti di recensioni online rispetto ai più anziani.
Poiché gli smartphone sono diffusi in maniera così massiccia tra giovani, meno giovani, benestanti e classe media, visto anche che le persone possono essere a seconda dei casi sia hater da prive che da palcoscenico, non c’è una grande differenza nel possesso dello smartphone tra chi normalmente si piazza in una categoria rispetto all’altra.
Casomai l’effetto dell’uso di smartphone e dei social media è sul volume complessivo dei reclami e sulle probabilità di reclamo: chi possiede uno smartphone si lamenta fino a 200 volte in più in un anno rispetto a chi non ce l’ha.
E il campo di lamentela privilegiato è sicuramente Facebook.
Esaminando i dati viene certamente da chiedersi se la grandissima diffusione di Facebook, la sua facilità d’uso e l’etica del “guardami guardami sono qui” alimentino e incoraggino in modo sproporzionato gli haters da palcoscenico.
Dopotutto, bisogna pur creare aggiornamenti di stato su qualcosa, e “Ho subito un torto da questa azienda” è un buon modo per sollecitare le interazioni da parte di amici e conoscenti digitali.
Data la proliferazione dei social media e dei social network, di certo tutto questo non cambierà tanto presto, per non dire mai.
I social media facilitano i reclami riducendo l’attrito interpersonale e il tempo necessario per farlo.
Il futuro quindi sarà degli haters.
Gli haters vogliono una risposta o un pubblico?
Ma queste sono davvero delle lamentele di un cliente che non è soddisfatto del nostro lavoro e ci sta comunicando cosa non ha funzionato o sono altro?
Le questioni e le polemiche che vengono sollevate nei social media sono molto spesso più frivole e sciocche di quelle che avvengono nelle interazioni telefoniche o attraverso le eMail.
Spesso sui social le persone pubblicano messaggi al volo, rapidi, poco profondi, pensati o mediati. Hanno un piccolo fastidio al momento e vogliono dirlo.
Sui social qualsiasi esperienza cliente che non sia assolutamente perfetta è un buon motivo per arrabbiarsi subito con l’azienda.
Vista la natura emozionale e istantanea del mezzo probabilmente non è corretto definire – reclamo – qualcosa su un social media allo stesso modo in cui lo definiremmo se fosse stato ricevuto attraverso una eMail ben scritta o una telefonata che avrebbe richiesto tempo, riflessione e maggior coinvolgimento personale.
Diciamo che come gli adesivi che negli anni 70 venivano attaccati ai paraurti erano la forma più superficiale di espressione politica, i social media sono la forma più sottile di lamentele da parte dei clienti.
Gli haters da privè vogliono una risposta. Gli haters da palcoscenico vogliono un pubblico.
Quando le persone si lamentano in privato si aspettano quasi sempre una risposta dall’azienda. Non ti stanno “comunicando” qualcosa, fosse anche “il software per fare le fatture che mi hai venduto fa schifo”, stanno intavolando un dialogo con te, e pertanto si aspettano sempre che tu ribatta.
Tuttavia, quando si lamentano in pubblico, gli haters da palcoscenico più che altro, come abbiamo detto, vogliono scrivere al mondo come si sentono in quel preciso istante… ma nonostante questo si aspettano una risposta da te in circa la metà del tempo o anche meno rispetto a chi ti ha inviato una email…
Va però detto anche che spesso quando i clienti alzano la voce in pubblico, lo fanno solo per attirare la tua attenzione. E una volta che hanno ottenuto la tua attenzione, si calmano e possono diventare buoni clienti.
Questo è quello che intendo dire con – abbraccia chi ti odia -.
Gli haters molto spesso sono come le mie figlie che urlano e strillano contro di me solo perché credono sia l’unico modo di farsi sentire. Loro sono singoli, piccoli clienti, tu sei la grande, distante, azienda.
Ma basta prendersi cura di loro con un “abbraccio” appunto, per tranquillizzarli e farli innamorare di te.
(E’ ovvio che tutto questo vale se oltre ad ascoltarli risolvi anche il problema che ti viene sottoposto, e ti scusi con loro nella maniera corretta)
Però, ripeto, l’immediatezza e la facilità con la quale possiamo scrivere alle aziende ci ha viziato come bambini che si lagnano immediatamente appena si sbucciano un pò le ginocchia…
Ho una amica, Marta, che adora in modo spropositato le bevande dolci. Dice sempre, e non scherza eh, che “non esiste una cosa come – troppo zucchero – ”.
Ecco, una persona come Marta può facilmente usare i social media per chiedere con forza: “Ehi, Cafè Roma! Perché non mi metti a disposizione una zuccheriera grande al tavolo invece di queste minuscole bustine di carta?”, sulla tua o sulla sua pagina Facebook mentre sta ancora bevendo il suo cappuccino zuccherato con cinque bustine.
Può protestare in un istante, senza alcun costo personale.
Può anche interagire con la direzione di quel cafè o nel caso si lamentasse ad esempio della scarsa dolcezza dell’aranciata San Pellegrino con il brand stesso (il che può essere un po’ eccitante per lei, appunto) o, per lo meno, utilizzare la sua protesta sui social media per tentare di coinvolgere nella protesta i suoi contatti insieme a lei.
Quando ci lamentiamo, speriamo serva a eliminare la frustrazione, la rabbia o l’irritazione generata dalla nostra insoddisfazione. Infatti, l’espressione
togliercelo dallo stomaco si riferisce all’espulsione di qualcosa di fastidioso, come il catarro, che si è formata dentro di noi.
Ma quello che crea la sensazione di benessere, dopo, non è aver espresso la nostra lamentela, ma piuttosto averla espressa a un altro.
È molto più facile togliersi un peso dallo stomaco online piuttosto che offline.
Marta si prenderebbe il tempo di telefonare per la questione dello zucchero?
Si siederebbe al computer per scrivere una lunghissima eMail? No, ve lo assicuro.
La piattaforma utilizzata per esprimere il reclamo di solito si adatta alla natura del crimine contro il consumatore. Più grande è il problema, più è probabile è che il contatto avverrà tramite canali privati, fuori dal palco.
…ma questo vale solo per il primo reclamo. Se un problema richiede più di un contatto per risolvere in modo soddisfacente, può verificarsi uno scenario molto diverso.
Anche se la tragedia di una carenza di zucchero disponibile per un cappuccino non è causa di passaggio al DEFCON 4, il massimo grado di pericolo espresso dal ministero della difesa americano, probabilmente Marta s’aspetterebbe lo stesso una risposta.
Non rispondere a quel messaggio, non solo ridurrebbe l’affezione di Marta a quel bar o a quel brand, ma essendo ormai di dominio pubblico chiunque potrebbe trovare sgradevole questa mancanza di attenzione.
Ricorda, lo abbiamo già detto: il servizio clienti ormai è uno sport con spettatori.
Molti di quelli che adesso consideriamo – reclami – quando vengono fatti online in passato li avremmo considerati semplici commenti fatti sul momento e poi dimenticati.
Un cliente che 15 anni fa, prima dell’avvento dei social, fosse arrivato a casa e dopo aver tolto il sacco di crocchette appena acquistato dal pet shop di quartiere dal bagagliaio della macchina si fosse accorto che il sacchetto fosse stato bucato e che le crocchette si fossero sparse sparse ovunque avrebbe pensato “Accidenti, mi ha dato un sacchetto rotto” e sarebbe finita.
Se succedesse adesso invece penserebbe “Accidenti, mi ha dato un sacchetto rotto. Devo fotografarlo, condividerlo subito con il mondo e infamare quel pet shop”
Il fatto che questo sia quello che fa la maggior parte delle persone, ovvero condividere qualunque malumore, cattiva esperienza e delusione da cliente fa sì che per ottenere l’attenzione che desiderano (dalle aziende, dai loro amici, e dal pubblico in generale), gli haters da palcoscenico spesso abbiano bisogno di alzare ancora più la voce, per distinguersi in mezzo alla stessa confusione di messaggi.
Questo è il motivo per cui le lamentele di molti haters da palcoscenico vengono espresse in un maniera… molto aggressiva, fastidiosa, violenta, stravagante e decisamente sproporzionata rispetto alla gravità della questione.
SARAI ODIATO. QUESTO È SICURO. CHIEDITI SOLO QUANDO AVVERRÀ.



Ogni azienda commette errori. Prima o poi qualcosa andrà male, si verificherà un incidente con un cliente, qualcuno sarà trattato nella maniera sbagliata o il tuo prodotto/servizio farà arrabbiare qualcuno che poi vorrà fartela pagare, indipendentemente da quanto tu sia bravo o la tua sia una azienda piena di storia e esperienza.
Quindi avrai due scelte: Impegnarti per tenerti il cliente o fregartene, ignorarlo e zittirlo appena prova a protestare classificandolo come hater, uno che vuole solo fare polemica, offendere e aggredire.
Ormai sembra che la maggior parte delle aziende abbia soldi illimitati per fare marketing e quindi non sia così importante gestire bene i disservizi, reali o percepiti, alle persone.
Se qualcuno nella massa si arrabbia, pace, gli passerà, meglio concentrarsi sui clienti felici che fanno belle recensioni.
Eppure un ricerca della Harvard Business Review mostra che se si riesce a ridurre il tasso di abbandono della clientela del 5% il profitto di ogni azienda può crescere con oscillazioni che vanno dal 25 al 100%…
E non sempre basta cavarsela con un semplice “Ok, mi dispiace”. E’ certamente più di quello che fanno molte aziende ma questo non basta. Un cliente arrabbiato, tanto arrabbiato da decidere di scrivertelo invece di decidere soltanto di cambiare azienda/fornitore… si sente profondamente deluso, tradito, ingannato e non vuole le tue scuse, vuole che tu ti impegni a recuperarlo come cliente.
Immagina di essere all’estero in aeroporto di ritorno a casa finalmente, sei stanco, con una grosso bagaglio a mano, non vedevi l’ora di distenderti sulla poltroncina dell’aereo… ma purtroppo dal gate hanno appena annunciato un ritardo di tre ore.
“Ci scusiamo del ritardo” dice la voce dell’altoparlante. Quello che capisci tu però è: “ La tua famiglia ti aspettava alle 15:00 ma se tutto va bene arriverai alle 18:00. Ci dispiace molto. Stai meglio ora che ci siamo scusati? Bene, adesso però trovati qualcosa da fare in queste tre ore, ok?”
La differenza tra scusarsi e cercare di recuperare il cliente è enorme.
C’è tantissima concorrenza pronta a approfittare di ogni tuo passo falso con la quale devi confrontarti, la fuori, e una cattiva gestione (o NON gestione) di una cliente arrabbiato porta, nella migliore ipotesi, a un pessimo post sui social media che non farà altro che rendere troppo facile indebolire il tuo brand da chi ha tutto l’interesse a farlo.
In questo post, ho cercato di spiegarti al meglio chi sono gli haters e quanto ti conviene ascoltarli, abbracciarli e gestirli con cura invece di ignorarli o aggredirli a tua volta, ma è chiaro che essere quasi insultati magari pubblicamente da un gruppo di emeriti sconosciuti è davvero una bestia nera capace di spezzare i nervi alle persone più dure.
Se hai bisogno di aiuto, e invece che rischiare di far da solo preferisci che sia un professionista ad occuparsi della tua comunicazione crisi e pensi che io possa essere la persona giusta per prepararti o aiutarti a difendere il tuo brand e magari uscire pure fortificato dalla bufera social nel quale potresti infilarti a causa di errori aziendali, incidenti, scandali o false notizie puoi scrivermi a filippo@comunicazionecrisi.it.
…ma la raccomandazione a trattare con attenzione un hater non servirebbe a nulla senza che io provassi a darti al volo anche un minimo di suggerimenti di base per farlo.
HATERS FANTASTICI E COME TRATTARLI.



Ho già scritto in un altro post di questo blog di quale è la maniera corretta di chiedere scusa quando si sbaglia, e quello vale in ogni caso, personale o aziendale. Però adesso possiamo essere un pò più “chirurgici” e elencare 5 punti che si focalizzano proprio sul recupero immediato del cliente furioso.
Crisis Communication è non dover mai dire “Mi Dispiace”…
Abbiamo detto che dire solo “Mi dispiace”quando si commette uno sbaglio è già una cosa buona, ma NON basta per niente.
Quando la tua azienda commette un errore (certo, dipende sempre dalla gravità. dell’errore…) ti viene data una scelta tra offrire alle persone una prova di professionalità e cura così grande che alla fine cadranno perdutamente innamorate della tua azienda e ne tesseranno le lodi a centinaia di amici OPPURE cercare di correre ai ripari, mentire e dare la colpa a qualcun altro, che è ciò che fanno quasi tutti…
In Italia circa l’80% degli impiegati, che siano addetti al call center, social media manager o semplici impiegati (ma anche titolari) che ricevono una telefonata di protesta mentono e fanno tutto il possibile per liberarsi dell’ hater rompiscatole più velocemente possibile. Sanno che il cliente non ricorderà mai con chi ha parlato. Evitano anche il confronto, se possono facendo cadere la linea o lasciandoti sfogare senza ascoltarti davvero e poi liquidarti con un “Sì’, capisco, ma non so come aiutarla”..” automatico.
Posso contare davvero sulle dita di una mano tutte le volte che nella mia vita ho sentito qualcuno in una grande azienda o un piccolo negozio di quartiere dire: “Mi dispiace. Ho fatto un errore ed è tutta colpa mia/nostra. Ecco cosa faremo per rimediare”
Gestire gli haters in 5 mosse
- Agire rapidamente. Tutto questo di seguito deve avvenire in 60 secondi da parte di chi viene messo al corrente del problema. La trattazione del problema non va spostata in nessun modo su per la catena di comando.
- Assumersi la responsabilità, non importa di chi sia la colpa. (Non “Deve essere stata la contabilità a fare casino” o “Sono stati quelli delle vendite” o “Ha sbagliato lo stagista che si occupa dei social”, ecc. NOI AZIENDA/IO ho sbagliato, ho fatto, ho fatto una tavolata, ho commesso un errore, ecc.)
- Essere responsabili della risoluzione del problema. Questo significa che chi risponde deve avere il potere di prendere rapidamente una decisione per risolvere il problema. NO chiedere l’approvazione. NO parlare con il suo titolare o con il suo manager.
- Scusarsi sinceramente e ringraziare il cliente per aver evidenziato il problema
- Compensare l’errore. Ogni azienda ha qualcosa di valore che può dare a un cliente che ha avuto un problema. Cosa produce, vende o fornisce la tua azienda che costa meno del valore che ha agli occhi dei tuoi clienti?.
Da qui capirai bene l’importanza di dare a tutti quelli che hanno a che fare direttamente coi tuoi clienti l’autorità di fare tutto il necessario per assicurare la fedeltà del cliente.
Adesso, come stessimo girando un film proviamo a rifare la scena immaginata prima variando solo il finale…
Immagina di essere all’estero in aeroporto di ritorno a casa finalmente, sei stanco, con una grosso bagaglio a mano, non vedevi l’ora di distenderti sulla poltroncina dell’aereo… ma purtroppo dal gate hanno appena annunciato un ritardo di tre ore.
Sei molto molto arrabbiato, e giuri solennemente di cambiare compagnia aerea la prossima volta. Anzi, intanto decidi di scaricare tutta la tua frustrazione online scrivendo cose piene di rabbia sulla tua esperienza con questi cialtroni, poi forse aggredirai la responsabile del gate per quel volo.
…quando, improvvisamente ricevi una eMail sul tuo smartphone, la leggi:
“Signor Rossi, mi scuso personalmente per il ritardo di 3 ore del volo. Ecco allegato un coupon per accedere alla business class lounge mentre aspetta. Ci sono cibo e bevande disponibili gratuitamente nella lounge. Inoltre, abbiamo aggiunto 15.000 miglia al suo conto per il suo disagio” Firmato: Il Presidente della compagnia aerea
Non va già meglio? Non ti passa immediatamente la voglia di procura battaglia?
Viviamo in una epoca dove una cosa del genere è possibile automatizzarla e farla partire da sola nelle eMail di centinaia di persone, preparando in anticipo la eMail per una eventualità del genere.
Se predisporre una automazione del genere ti sembra ancora una cosa molto complessa da implementare nella tua azienda sarebbe sufficiente, in questo caso, istruire o dare alla responsabile del gate della compagnia aerea l’autonomia di poter decidere da sola di muoversi in tal senso.
Non è davvero più difficile di così.
Le aziende fanno spesso un sacco di promesse ai clienti attraverso annunci, social e contenuti di marketing vari ma poi non si impegnano a mantenerle davvero. Questo ha un pessimo effetto sui brand.
La rabbia delle persone arrabbiate corre velocissima, si alimenta strada facendo, si unisce alla rabbia di altre persone che hai deluso e ti arriva addosso come un pugno. Sii preparato.
Scrivimi a filippo@comunicazionecrisi.it e parliamo di cosa posso fare per aiutarti.