Filippo Giunti

Ho lavorato in pubblicità per tutta la mia età adulta e studio marketing da quando ero quasi ancora bambino.

Filippo Giunti

A 16 anni ero un nerd dell’advertising che invece di seguire le gesta di Roberto Baggio e fare le impennate col motorino passava le domeniche a tradurre le pagine dei grandi annual di pubblicità americani che mi sforzavo di leggere come il tipo che in Matrix legge direttamente il linguaggio della matrice che crea il mondo.

Lavoro in pubblicità dal 1992, nel 1995 ho fondato la mia prima agenzia pubblicitaria e da allora ho aiutato molte grandi attività all’estero e piccole medie imprese italiane a vincere la guerra con la concorrenza e proteggere i loro brand.

“Mi sono interessato alla crisis communication in una occasione molto drammatica…

Una Mattina del Febbraio 2009 un ottimo cliente che da poche settimane ci aveva affidato le sue campagne, mi chiama nel panico dicendomi che dovevamo fermare tutti i lavori perché un ex dipendente-chiave della sua azienda si era licenziato e segretamente da mesi stava aprendo una attività fotocopia alla sua. Ma il problema non erano solo il 70% di clienti che si era portato dietro…

Questa persona stava usando Facebook per diffondere false notizie sul prossimo fallimento e chiusura dell’azienda del mio cliente, con grande smarrimento dei clienti rimasti e suo grave danno economico. Una testata giornalistica poco abituata a verificare le fonti aveva già ripreso la notizia da Facebook per un articolo di cronaca.

Il mio cliente non sapeva nemmeno cosa fosse “questo Facebook”…

Il fatto è che avevo impiegato mesi per convincerlo ad accettare la mia proposta di collaborazione, la strategia pubblicitaria e tutto quanto, avevamo appena iniziato a strutturare il sito e scrivere i contenuti per il blog. Non mi andava per nulla di bloccare tutto.

Quello che facemmo noi fu convincerlo a lasciarci tentare di proteggere il suo brand: usammo Facebook e il suo blog per prendere il controllo della narrazione e dimostrare che l’azienda era sana e forte, ideammo annunci di marketing diretto da inviare a tutti gli ex clienti con un tipo di offerta che solo il mio cliente poteva permettersi e ci inventammo ogni genere di iniziativa per scatenare la potenza della carta stampata e ottenere spazi a favore del brand sulle varie testate.

I risultati per il mio cliente furono stellari.

Da allora, pur continuando a occuparmi di pubblicità, mi sono appassionato e messo a studiare Crisis Communication che nel 2009 era una materia molto giovane.

Una cosa molto importante che so sulla comunicazione di crisi

Ogni PR adesso si improvvisa esperto di comunicazione di crisi ma il problema è che le agenzie di pubbliche relazioni sono formate da esperti di comunicazione per i tempi di pace che non sono adatti ai tempi di guerra.

Non sono addestrate a lavorare sotto attacco, con nuove cannonate che arrivano ogni giorno.

Lo scenario di una crisi che investe un brand come un uragano e che ne mina l’autorità e i fattori che lo rendono unico e ben distinto dalla concorrenza è ben diverso dal normale scenario “neutro” nel quale sono abituate a lavorare le pubbliche relazioni, con il loro tono sempre caldo, suadente, gentile, accomodante e professionale.

Le PR sono fondamentali per crearlo un brand, ma non possono difenderlo.

Sono i pubblicitari i veri strateghi che quotidianamente conquistano o creano posizioni sicure dove proteggere i brand dai continui attacchi del mercato, della concorrenza o dei vari gruppi di opinione.

Negli ultimi anni ho unito le mie competenze di branding, copywriting e crisis communication per studiare una nuova strategia di comunicazione di crisi e affrontare problemi dovuti a incidenti aziendali, fake news e passi falsi o vere e proprie crisi reputazionali. Ma questo solo per i clienti seguiti dalla mia agenzia.

Adesso, dopo aver visto come è stata gestita in maniera deplorevole e sbagliata la comunicazione di piccole medie imprese e grandi brand internazionali durante l’emergenza covid ho deciso di mettere a disposizione la mia magia a disposizione di tutti quelli che vogliono lavorare con me e hanno capito almeno queste…

Cinque semplici regole sulla comunicazione di crisi

Nessun brand – non importa quanto è gestito bene o forte, e non importa quanti fedeli fan abbia – è immune a una crisi. Una crisi per un brand è inevitabile quanto la morte e le tasse; non si tratta di se, ma piuttosto di quando colpirà. 

Una crisi non è quasi mai generata da un evento o un incidente quanto dalla risposta che dà il brand e da come reagisce.

Se non si è preparati ad affrontare il peggio è scontato che qualcosa capiterà.

La differenza tra una piccola crisi e un disastro la fa sempre la cattiva comunicazione di crisi dell’imprenditore/CEO.

Un imprenditore può fare miracoli nella gestione di una crisi, può scongiurare un disastro ambientale, salvare vite umane e impedire che migliaia di dipendenti perdano il loro posto di lavoro. Ma se nessuno lo sa, se non si assicura che tutti siano informati del lavoro che ha svolto sarà accusato pubblicamente di non aver fatto niente. La percezione vince sempre sulla realtà.

e come non si sognerebbero mai di guidare una auto senza assicurazione non vogliono mettere a rischio la reputazione del proprio brand e vogliono renderlo a prova di proiettile qualunque cosa possa succedere.

Ti propongo di valutare insieme cosa potrei fare per proteggere il tuo brand …o per difenderlo se sei già sotto attacco